martedì 3 marzo 2009

La gamba di Nonno Pietro

Cazzo! Sta`strada si muove! -
Nonno Pietro aveva fermato il camioncino. Si aggiustò il cappello, scese di fretta, il tempo di sentire le ruote scricchiolare, sotto quel
la ghiaietta indecisa. La strada , in effetti, sembrava fatta di segatura. Una scorciatoia per andare dalla Penna a Villa Santa Maria, costruita dai contadini, sulla frana. Era così insicura che si potevano vedere I sassi cadere a monte, rimanendo fermi ad osservare il colle per pochi istanti. Intanto il camioncino si inclinava piano piano, con la ferma intenzione di arrivare fino a valle, se nonno Pietro non si fosse deciso a proseguire. Le casse delle gazzose, facevano un leggero tintinnio ad ogni strattone della terra. - La prossima volta mi tocca passare per la Stazione di Bomba!- Nonno Pietro, salì di fretta sul camioncino. Il motore fece due rantoli di disapprovazione e spostò il carico dall`altra parte della strada, quella buona. Nonno Pietro era un omone grosso e pelato alto quasi due metri per essere un meridionale, ma sicuro di uno stazza che proveniva da una stirpe di federiciana memoria. Aveva mani sproporzionate per grandezza, ma ancora più impressionante era l`utilizzo delle bestemmie, quale interiezione tra una parola ed un silenzio. Era così aduso a sacramentare che, quando scriveva al fratello, lontano in America, metteva le bestemmie anche nel testo della lettera. Al contrario soffriva quasi di una devozione bigotta ed ancestrale per le forme esteriori della religiosità, quasi a volersi scusare per la sua blasfemia. In particolare univa la superstizione alla più rigorose pratiche di rispetto per Santi, Beati e vergini di varia natura. La moglie Requilde, una piccola ed ossuta speziale lo guardava paziente nei suoi attacchi di collera, specialmente quando, a sera, gli toccava levare le garze dalla sua gamba, per la medicazione quotidiana. Quella gamba, ridotta come un abbacchio appena scuoiato, era stata un regalo della campagna d`Africa. A cinquant`anni suonati, Nonno Pietro, fascista convinto, si era messo in mente di partire volontario. Era stato beccato durante un`imboscata, gli avevano sparato ad una gamba ed era riuscito a trascinarsi fino ad un cespuglio, dove aveva trovato salvezza e riparo, per tutta la notte. In un doloroso deliquio, non avendo con se stracci o bende per poter fasciare la ferita, aveva trovato delle grosse foglie che potevano bastare a proteggergli la coscia. Aveva beccato una rarissima pianta anticicatrizzante. Ormai erano anni che quella ferita era aperta. Ogni sera un calvario per Nonna Requilde, che lo lasciava solo durante la medicazione. Per Nonno Pietro, sbendare la ferita, ricordarsi di quel giorno e ripassare tutti I santi del calendario ad alta voce era un attimo. Nonna aspettava fuori dalla porta. Quando il fiume di improperi si era calmato, Requilde entrava piano in camera dove intanto Pietro si era addormentato. Dalla garza lavata e rilavata più volte dalla Nonna ed assicurata nuovamente intorno alla gamba di Pietro, cominciava a riemergere inesorabile, una leggera macchia di sangue. Poi, tutto precipitò a poche settimane da quel giorno come tanti altri. La gamba che era rimasta un ricordo tangibile ma stabile dell`ultima guerra, iniziò ad infettarsi. Il Dottore del paese, don Lele Fantini, lo visitò una sera e volle parlargli: - Pietro, la gamba e` da amputare!- - Amputa` lu`kazze!- rispose Pietro. - Dotto`, cosa ha detto nostro Signore? Che nel giorno del giudizio, bisogna uscire interi dalla proprie tombe per essere giudicati al cospetto di Dio! Gna` kazze `ci vaje davanti all`onnipotente senza na`cosse? Sta` cosse je` lu me` e con me deve venire all`altro mondo! - Inutile fu per il Dottore convincere Pietro della necessità di amputare l`arto, per cui don Lele pensò di convincere la moglie ad effettuare l`operazione con l`inganno, dato che vi era in gioco la vita di Nonno Pietro. Il giorno dopo, il Dottore con la scusa di somministrare un medicinale a Pietro, lo narcotizzò e potè effettuare l`operazione. Era ancora lì don Lele, che stava pulendo I ferri, e rimettendo a posto ogni cosa. La gamba era sul davanzale avvolta in un panno di lino, come un prosciutto, che Nonno Pietro aprì gli occhi. L`anestesia non particolarmente forte e la fibra del vecchio, avevano consentito un rapido risveglio, sufficiente perchè Pietro si rendesse subito conto dell`accaduto. Come una furia incontrollata, dal suo letto, Pietro aspettò che il Dottore si fosse avvicinato per prenderlo per il collo e minacciarlo: - Aredamme` la `cosse!- urlava il Nonno - Aredamme la` cosse senno` t`accide! -. Solo dopo che il vecchio ebbe l`arto sotto il suo braccio, lasciò la presa dal collo del Dottore, il quale, non appena fu liberato, scappò dalla stanza urlando. Per qualche giorno, Pietro, tenne la gamba nell`ultimo cassetto del settimino. Poi, con l`aumentare del cattivo odore, Requilde decise di chiamare il parroco, affinchè convincesse Pietro a seppellire, quel moncone ingombrante e fetoso. Fu difficile da parte di Don Eustachio, convincere Pietro, tanto che il vecchio pretendeva che si facesse un funerale speciale per la sua gamba. - Sa`cosse` da`pije li` Sacramiente`- continuava a ripetere al parroco, tanto che Don Eustachio fu costretto ad organizzare una sorta di rito posticcio, con tanto di aspersorio, affinchè Nonno Pietro si convincesse della regolarità delle esequie. Fu chiamato Mastro Armando, il falegname, perchè si costruisse una bara della misura della gamba. Così molti si affacciarono alle finestre delle case vicine, quando uscì la processione, con il parroco, Nonno Pietro sul carretto, nonna Requilde e I tre figli, tutti al seguito di Merdone, sfossamorto comunale sordomuto e scemo del paese all`occorrenza, con sulla spalla la piccola cassa di noce, nella quale vi era custodita la gamba. L`arto fu inumato nel loculo della cappella di famiglia, loculo già prenotato come dimora eterna da Nonno Pietro. Così, ogni fine settimana, il vecchio andava a ”recare omaggio” alla sua gamba che nella morte lo aveva preceduto, fermandosi sulla lapide a pregare. Sul granito vi era scritto: “Pietro Cenci di lui più lesta, giace qui la gamba”

Ma il tempo fu inesorabile. Nonno Pietro cadde , negli ultimi mesi di vita, in un stato di incoscienza ed immobilità, tanto che non riuscì più ad andare a trovare il suo arto al cimitero e a vedere I lavori di restauro della cappella, messa in pericolo dal cedimento della costa della montagna vicina. I lavori si fecero in sua assenza. A capo della squadretta di muratori di un paese limitrofo c`era Mastro Sino, un uomo capace di bere nelle giornate più faticose anche una damigiana di rosato da quindici. Era stato a lavorare nel Mato Grosso ed in Francia e si diceva potesse alzare, da giovane, un muro perfettamente a piombo posando I mattoni con I piedi. Ultimamente la cataratta ma soprattutto il vino, avevano preso il sopravvento e si limitava a dirigere I giovani dipendenti, prendendoli a schiaffi dietro la nuca, quando riusciva ad averli a tiro. Un carattere spigoloso, burlone e sbrigativo completava il quadro. Non appena mise mano alla Cappella di Nonno Pietro, si dovette procedere allo sgombero delle casse di antenati e trisavoli. Ma quando aprì la lapide del non ancora defunto, vi trovò dentro la cassetta. Tra la sorpresa generale, Mastro Sino, aprì il coperchio e sbottò in un grassa risata -` OppelaMajelle! Ma chi je` ssta cose `ntisichite? - In effetti, con il tempo la gamba aveva assunto l`aspetto di un arto scolpito malamente nel legno, tanto era indurito ed annerito. La gamba era fossilizzata e Mastro Sino credette ad uno scherzo degli operai. Decise, quindi, di sotterrare la reliquia con l`assistenza di Merdone. La piccola bara fu sotterrata nello spazio di sepoltura comune, dove non esistevano ne` croci ne` lapidi a ricordo dei defunti più poveri o sconosciuti. Quando dopo settimane, il restauro fu compiuto, venendo a mancare Nonno Pietro, si procedette all`inumazione, terribile fu la sorpresa dei parenti nello scoprire che la gamba della buonanima era scomparsa. Nonna Requilde cadde come un sacco morto dopo aver esclamato - O Aneme de`lu Pregatorie! - portandosi a terra una fila intera di cugini . Si sprofondò tutti nella disperazione più grossa, pensando a quanto aveva fatto Nonno Pietro perche` la sua gamba lo seguisse nell`aldilà. Per giorni si chiese in giro se c`erano stai movimenti strani intorno al cimitero e gli unici indiziati risultarono essere gli operai che avevano lavorato al restauro della cappelletta di famiglia. Mastro Sino che all`inizio aveva pensato alla gamba come ad uno scherzo, quando si rese conto della verità, disse che non aveva visto niente per paura che la sua iniziativa di dare una sepoltura a quell`affare rinsecchito si trasformasse in accuse pesanti. Il figlio maggiore di nonno Pietro, Peppino, col passare dei giorni e delle settimane, si rassegnò alla perdita di una parte del padre, tentando di non pensarvi più. Tornarono I pensieri, peggio di prima, quando iniziò a sognare Nonno Pietro. Stava davanti ad un enorme portone, voleva entrare ma due angeli a custodia gli dicevano ` ti manca una gamba sei destinato all`Inferno!- Si svegliava regolarmente e regolarmente raccontava il sogno alla moglie Elodia, che trasformava la storia in numeri da giocare al lotto. I numeri si dimostrarono vincenti non una volta sola, ma ogni volta che I sogni su Mastro Pietro venivano trasformati in numeri da giocare La cosa strana e` che all`angoscia per il padre che veniva sognato nelle situazioni più disperate, come una povera anima vagante nel limbo, Peppino contrapponeva la soddisfazione per le piccole ma continue vincite al lotto. E queste vincite cadevano a fagiolo, perchè Peppino non navigava in buone acque. Era ormai arrivato a racimolare un bel gruzzoletto grazie all`attività onirica, quando una sera si presentò Merdone. Si era ricordato dove Mastro Sino gli aveva fatto sotterrare l`arto e con gesti a metà tra il linguaggio dei sordomuti e quello degli scemi, gli aveva fatto capire di aver dissotterrato la gamba e di aver rimesso vicino alla salma del povero Pietro la parte mancante. Da allora Peppino, forse condizionato da quanto accaduto non aveva più sognato il padre e di conseguenza non aveva più racconti che avrebbero potuto essere trasformati in numeri vincenti, tanto da dover ritornare a stringere la cinghia, fino ad arrivare alla rovina economica. Almeno fu questo il racconto che fece al Brigadiere, durante l`interrogatorio dopo l`arresto, per essere stato “ colto in fragrante, in orario notturno, nell`area cimiteriale, mentre tentava di sotterrare un arto umano mummificato nel terreno di sepoltura comune”.

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