martedì 10 marzo 2020

Di questi tempi


Di questi tempi, per difendere la buona opinione che abbiamo di noi stessi, è necessario trovare un’idea alla quale aggrapparsi come il naufrago fa con la scialuppa. L’illusione è che questo “essere stupidi” che ci contraddistingue, quasi fosse medaglia d’onore contro il tedio del buon senso, possa essere definitivamente spazzato dalle priorità della vita le quali non consistano nella pratica dello “spritz” o dello “sniff”. Se dovessimo sovrapporre i negativi delle strade prima e dopo il coprifuoco, potremmo dedurre che la maggior parte delle persone in giro “prima”, non aveva un cazzo da fare. Ne l’efficienza degli spostamenti a vuoto consisteva l’apparenza alacre di sfaccendati senza meta e signore stanche di stirare panni. Si vive nel terrore che le vecchie nonne le quali mantengono la baracca dei nipoti con famiglia, spirino soffocate dal morbo orientale, interrompendo il flusso delle pensioni da sperperare dentro i distributori automatici di filtrini o i gratta e vinci strofinati compulsivamente davanti alle amichette ucraine. Mentre ci si tagga con spavalderia a biciclettare senza permesso nei comuni viciniori, con l’intento di andare in culo alla polizia, si ricacciano i mantra del “legger un buon libro” ben sapendo che il libro da leggere, si saprà se è buono solo dopo averlo letto. Intanto il conto si prosciuga a fare la fila uno alla volta per le scamorze e le persone che hanno paura anche solo a salutarti da lontano perché credono che, ad alzare il braccio, il contagio si diffonda anche dalle ascelle. Tutti si schifano di tutti e tutto viene schifato. Lo studio epidemiologico di una civiltà, non si effettua nei carotaggi sotto la calotta artica ma esaminando le vaschette delle noccioline degli aperitivi, dove decine di mani hanno ravanato con il gomito appoggiato al bancone. Anche Salvini appare più evanescente con il virus, utile solo in periodi di pace a stimolare pensionati statali, frustrati da incipiente “impotentia erigendi” e dal negro che ti fotte un euro per l’accendino scarico. Odiando tutti, vado solo, nonostante sia preferibile che stessi a debita distanza da me stesso. Se vedo qualcuno che si avvicina a dieci metri, tossisco rumorosamente, proiettando frutti del mio corpo sul marciapiede, onde evitare il “Comevatuttapposto?” No, non c’è nulla che stia a posto, va tutto di merda. Ecco, di questi tempi, eliminiamo il superfluo, torniamo all’essenziale: la merda, appunto.

1 commento:

  1. Che descrizione spietata ... Che chiaroscuri kafkiani...con l'imbarazzante, irresistibile, delizioso cinismo.

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