giovedì 21 maggio 2020

Vita, vocazioni e peccati del giovane Gianluca



Alla tenera età di anni dodici, fui stravolto da turbamenti i quali, al posto di indirizzarmi verso pratiche onanistiche tipiche degli acneici fanciulli anni ottanta, tutti Bolero e Blitz, mi condussero per le opaline strade della fede, ove ogni sosta è un attimo che precede l’ascesa alle beatitudini della rinuncia e della castità. In verità già da qualche tempo sperimentavo ingenuo, gli sfregamenti del mio giovane volatile con successi scarsi e infiammazioni certe. Non provavo colpe e alternavo ignaro, le gioie della cippa con quelle più auliche della catechesi. Ero affascinato tuttavia dalla passione religiosa di mio nonno Camillo il quale, durante i suoi racconti di prigionia, narrava di come la religione lo avesse salvato dalle pallottole naziste e conseguente infornata. Con il ritorno dalla materialista e impegnata Milano nel lontano ’76, avevamo compiuto un processo di depurazione da tutte le scorie del moderno tornando ai fasti delle più grevi superstizione, praticando sedute spiritiche, consultando maghi e cartomanti, mischiando Berlinguer con l’acqua e l’olio per il malocchio. Fui sconvolto dalla capacità camaleontica dei miei parenti nel variare gusti e tendenze. Essendo ragazzo e dovendo “onorare il padre e la madre” mi attenni ossequioso a tutto ciò che loro credevano fosse giusto e degno di essere preso per vero. La religiosità dei miei avi era una roccia scolpita nella pietra: Madonne di gesso trionfanti sul serpente erano poste, sotto la teca di vetro, nelle camere da letto dei miei nonni, sacri cuori retroilluminati lugubremente a tenermi sveglio nelle sieste di luglio, avrebbero dovuto farmi comprendere la gioia del credo.
Fu complice la tempesta ormonale e un basso rendimento negli studi a farmi propendere in modo del tutto opportunista, verso la possibilità che, inserendo santini e unghia tagliata dai piedi di Padre Pio, tra le pagine dei libri, avrei ottenuto voti migliori. Il caso ci mise lo zampino (a posteriori credo si trattasse dello zoccolo di un caprone) tanto che i voti migliorarono e l’ansia che provavo nella gioia di veder migliorare la mia condizione di studente venne da me scambiata per il fuoco della fede che mi spingeva a risultati inaspettati. Anche mio nonno scambiò questa nuova condizione per i prodromi di una vocazione religiosa che mi portava a essere brillante nelle discussioni filoconciliari in parrocchia e i passi del Vangelo letti stentoreamente nelle messe di periferia. Sudavo di fede. MI adattai anche nelle vesti: improbabili lupetti color diarrea, maglioni verdi di lana spinosa, mocassini arancioni con fibbie adornate da finti smeraldi, collanine con Crocefissi in oro bianco e righe pettinate a destra con lo sputo. Fui mandato per alcuni mesi da una suora la quale aveva subito visto l’occasione di sfornare un altro pretino, visiti i tempi bui nei quali Nadia Cassini aveva fatto cadere i giovani italici. Ricevetti lezioni speciali di catechismo estremo. Suor Michelina mi voleva bene e anch’io a lei ne volevo. Era una creatura dolce e comprensiva e rendeva più semplice la mia strada verso il convento. A marzo presi la Comunione, mio nonno era felicissimo. Ciò non bastava, il ferro andava battuto finchè caldo tanto più che il mio arnese era un cannone di Navarone pronto a sparare ormoni alla vista di una chiappa qualsiasi spuntata fuori da un bikini. 
Dovevo prendere la Cresima e subito. La porta per il seminario era ormai aperta. La suora mi caricò come fossi un pugile prima di un incontro valevole per il titolo mondiale: il giorno della Cresima lo spirito Santo sarebbe disceso su di me come una fiamma dal cielo, inondandomi di un’energia straordinaria per combattere il peccato. Diamine! Pensai. Avevo in mente una cosa tipo Jeeg Robot d’acciaio o Mazinga con tanto di lampi e cupola della chiesa che si apre. Forte di questa convinzione mi preparai per questo evento epocale fino alla fatidica domenica di giugno.  Un vescovo non lo avevo mai visto ma immaginavo che fosse una sorta di santo incarnato in un superuomo pronto a elargire scosse protoniche come la spada di Luke Skywalker. La chiesa era piena di parenti e amici dei tanti “prescelti” come me. Noi ragazzi aspettavamo il momento di entrare in “scena” per godere e far godere dello spettacolo, quando udii questa frase: “Avete portato la busta con il soldi per il Vescovo?”. “Ma come – pensai – un sant’uomo la cui missione è quella di spargere la pura fede all over the world, un uomo scevro dal peccato e dalla vanità dei beni terreni, si fa pagare?” Tutto il castello costruito sul malinteso dei miei risultati scolastici, i quali non ero stato in grado di attribuirli al fatto che studiassi dodici ore al giorno, crollò miseramente quando, una volta al cospetto di quell’ometto in abito rosso che mi ungeva con l’olio di oliva le tempie, non ci fu nessun fuoco sacro a scendere per investirmi della fede tanto immeritata.. Non ho nostalgia di quei tempi ma di Nadia Cassini sì.

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