martedì 21 maggio 2019

Born to be coglione



Lo sguardo perso tra un Oscar Giannino al quale abbiano ammazzato il gatto e l’espressione di Austin Powers mentre guarda Madonna che canta “Beautiful stranger”. La stagione non decolla.  In attesa che qualcuno venga a dirmi che il furgone funziona e di non preoccuparmi che tanto “ i soldi per la bolletta sono nel cassetto della scrivania”. No, non ci sono riuscito, in cinquant’anni a diventare una persona seria. A patto che ci si metta d’accordo sull’accezione del termine. Gli amici mi dicono di scrivere: non ci fu persona più indisciplinata di me nel buttare al vento questa possibilità, visto che riesco a scrivere un racconto da capo a piedi in solo venti minuti, salvo poi perdere il resto del tempo libero a disposizione, smanettando sui siti di silver porn. Altri miei simili, totalmente privi di talento ma disposti a tenere il sedere attaccato sulla sedia della scrivania per ore, costruiscono fame e fortune per le quali varrebbe la pena mandare affanculo le fabbrichette nelle quali lavorano. Io non sono mai riuscito a disintossicarmi dal libro più importante della mia vita: “Martin Eden” di Jack London. Ho perseguito, con estrema caparbietà, le strade dei bassifondi e dei lavori umilianti, pensando che questa sorta di espiazione ascetica, avrebbe contribuito ad intagliare la grezza scorza del mio io letterario, fino a ricavarne un puro diamante. La storia finisce male perché Eden e London scompariranno nel grande nulla dei loro suicidi, una volta presa coscienza che più di così non si possa. Qui siamo ancora all’anno mille, tra una fogna da sturare e l’attesa di qualcuno che venga a caricare i tuoi bidoni vuoti. Allora ti adatti, al romanzo per anziani, mentre moriture lettrici lasciano sale ricche di quadri romantici, perché il pannolone è ormai pieno e la dentiera si è staccata. Confido ancora che qualcuno venga a dirmi in faccia che è meglio lasciar perdere, perché i sogni hanno una loro scadenza come il latte della centrale e bisogna capire il momento della ritirata prima che tutto diventi stracchino. Praticare l’arte del coglione consente di passare indenne attraverso le crisi del padre non più giovane il quale, benevolmente, si bea dei piccoli complimenti paraculi, fatti dalla prole, il tutto per vedersi estorcere fine settimane a scopacchiare con fidanzati e affini. Articoli dentro periodici locali tra la ricetta del porco in umido e le notizie sul calcio a cinque dei finanzieri in pensione. Essendo tristemente esaurito il filone della politica locale, il  tentativo è stato quello di passare agli editoriali sui grandi temi della vita o la bellezza delle aiuole. La pletora dei concorsi letterari diviene l’ultima spiaggia sulla quale approdare per dare una spennellata all’autostima, contendendo le semifinali al bancario in pensione che si è fatto raccontare le storie dal vicino bersagliere nella campagna di Russia. In premio, al vincitore, una targa in silver plated, raffigurante una veduta di Posillipo vecchia ed uno scatolone di pasta senza glutine. MI chiedo quale senso abbia scrivere se non ho le pene d’amore o so non partecipo, con sdegno, alla lotta proletaria, contro un imprecisato pericolo che mette duramente a rischio i diritti del varano di Comodo. Provo a scrivere lettere minatorie conto terzi, stando attento a ritagliare dai quotidiani, le lettere da incollare con la coccoina. Anche lo stile nei preventivi mi sta abbandonando. Anni fa, nell’innamoramento dell’edilizia, ero all’elenco dovizioso e particolareggiato di materiali e lavorazione, illudendomi che il cliente avrebbe apprezzato. Oggi, sono una frase mi rende contento: “non si fa credito a nessuno”. Non più.

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