venerdì 29 novembre 2013

L'ultimo bicchiere



L’uomo tirò fuori dalla sacca sgualcita, un cartoccio dalla forma allungata. Il terrazzo che si affacciava sulla grande piazza era illuminato dal sole filtrato dalle nubi grigie dei palazzi in fiamme. Una nebbia giallastra sul lastrico sottostante, avvolgeva le carcasse delle auto e le carlinghe degli aerei anneriti dalle esplosioni. – Ti aspettavo- disse al suo ospite – E’ la nostra ultima occasione per stare insieme-. Preparò il tavolino ottenuto da una portiera di una utilitaria. Sulla catasta di legna ardente, stava un pentolone malconcio. Il liquido nella tanica bolliva , lasciando trasparire tranci di carne, il cui odore copriva a sprazzi le mefitiche esalazioni dei fuochi sottostanti. L’uomo si alzò per andare a girare , con amorevole attenzione il bollente intingolo. Mancava solo un’ora e tutto sarebbe finito, per tutti. Ma l’uomo aveva calcolato i tempi di cottura. Il suo ospite di spalle non si muoveva, come aspettasse solo il momento di mangiare. Da lontano si udivano le esplosioni ed il cielo era tagliato dagli aerei che precipitavano al suolo con schianti fragorosi. I due esseri guardavano quello che accadeva con indifferenza sorprendente, tornando subito a porre la loro attenzione sulla pentola che bolliva. Da una radiolina giungevano le voci dei cronisti i quali descrivevano le scene apocalittiche con voci congestionate dalla disperazione, per coloro che erano rimasti. No, non c’era più nessuno. I pochi superstiti, girovagano tra le macerie di quelle che erano state fino a poco tempo prima le loro città.  Nel cielo le astronavi stavano abbattendo i pochi aerei rimasti. Tra qualche ora tutto sul pianeta terra sarebbe cambiato. L’uomo, ultimo superstite della sua razza, aveva di fronte il primo essere che avrebbe sostituito i terrestri, ma sembrava non preoccuparsi della sua sorte. Tenendo stretto il suo cartoccio, continuava a girare il sugo. –Vedi- disse  – era l’ultima lepre che correva libera nel prato vicino la mia vigna. Avevo un solo colpo nel fucile. Ho preferito usarlo per lei piuttosto che per uno di voi, altrimenti non mi avreste mai preso-. L’ospite emise un grugnito metallico. – Ma questo ti farà peggio della mia pallottola – lo interruppe l’uomo. L’ospite si irrigidì: dai monti all’orizzonte, il grosso fungo si alzò nel cielo, lento, enorme. – Abbiamo mezz’ora prima che le radiazioni arrivino fino qui, passami il piatto- L’ospite tese una mano artigliata. L’uomo iniziò a posare i pezzi di carne ancora fumanti, bagnandoli con il sugo. – stai attento perché scotta- avvertì il suo ospite. Poi con un gesto ieratico, scoprì quello che il cartoccio nascondeva: una bottiglia di vetro verdastro. – Porgimi il tuo bicchiere- disse. Il gorgoglio, del liquido violaceo, sembrò per un attimo zittire le esplosioni lontane. L’ospite fissò il bicchiere, i cui riflessi erano esaltati dai lampi dell’artiglieria extraterrestre. – Qui su la terra usavamo brindare con questo liquido, alla nostra vita … Ora brinderemo anche a voi, nuovi padroni della terra! L’uomo ,dopo aver fatto roteare il bicchiere sotto il suo naso, chiuse gli occhi, quindi sorseggiò lentamente. L’ospite dopo aver assistito alla scena, fece la stessa cosa. Mentre l’extraterrestre beveva, l’uomo lo osservava. – Che ne dici? – disse. L’ospite emise un verso che non aveva bisogno di traduzioni. Ormai la grande radiazione era vicina e la bottiglia era finita. - Ti ho voluto fare questo dono per farti capire cosa è stato capace di creare l’essere umano: il vino. – Disse l’uomo. L’ospite rise. – Ma c’è un particolare –. Quella che avete distrutto, quando mi avete catturato, era l’ultima vigna esistente sul pianeta terra è questa era l’ultima bottiglia. L’ospite emise un ruggito rabbioso. – Avete perso, anche se occuperete il pianeta terra e l’uomo non ci sarà più. Avete perso ed io ora vi ho fatto comprendere cosa avete per…- La grande radiazione coprì la sua voce.

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