Ho un
vizio, tra gli innumerevoli, che mi porto dietro da oltre vent’anni. E’ un
vizio ad intermittenza, nel senso che ne rimango vittima per alcuni mesi salvo
poi starne lontano per altrettanto tempo: mi piace fumare i toscani. All’inizio
lo consideravo più un vezzo, dato che il modo di fumare un sigaro richiede una
certa dimestichezza, essendo totalmente diverso dalla sigaretta. Durante i
primi anni, quelli della passione pura, aderii persino ad un sedicente club del
Toscano, andando in giro per l’Abruzzo a sfumacchiare insieme ad altri,
accompagnando il tutto con distillati e cioccolati. Arrivavano gli esperti
dalle concerie lucchesi, a spiegarci lavorazioni delle foglie di tabacco, le
stagionature e gli abbinamenti con gli alcolici. Per farla breve: una setta di
crapuloni nella quale mi confondevo bellamente, nonostante non avessi una lira
già da quei tempi lontani. L’illusione di essere un manager rampante con tanto
di barca ormeggiata al porto di Pescara e il maseratino per andare a sciare a Chamonix.
Facevo i salti mortali per nascondere la mia Ford station wagon di seconda
mano, nei parcheggi dei locali adibiti a cotali riunioni del vizio. Spesso mi
colpiva un aspetto, che avevo notato in altri consessi quali le fiere dei
materiali edili: la donna utilizzata come hostess di bella presenza, la quale
andava in giro per i tavoli a dispensare i sigari scelti all’uopo per procedere
alla degustazione. I più smaliziati nell’accettare quei sigari, già formulavano
improbabili congiunzioni carnali con le suddette ragazze, in un clima nel quale
l’odore del testosterone superava quello pur deciso del Toscano. Ero colpito
dal capitolo riguardante il mezzo per accendere il sigaro: mai utilizzare gli
accendini a benzina che avrebbero impregnato il sigaro irrimediabilmente,
preferibili erano i fiammiferi, ma bisognava aspettare che la fiamma arrivasse
al legno del bastoncino per evitare che la prima fumata sapesse di zolfo. Un
buon compromesso era dato dagli accendini a gas, visti senza infamia ne’ lode
dai puristi. Il sigaro ha la forma del pene: nel vizio del fumo si concentra un
insieme di visioni, desideri, aspettative e soprattutto attese che
caratterizzano una combustione la quale ha inizio e , irrimediabilmente, un
termine, proprio come nell’atto sessuale. Non ci ho mai pensato veramente in
questi ventidue anni. Ho vissuto alcuni momenti belli della mia vita
soprattutto perché sapevo che dopo avrei acceso un bel Toscano a completamento
della splendida giornata. Dopo il periodo della passione è arrivato quello
della consapevolezza e dell’abitudine, tempo nel quale dovevo decidere orari e
qualità della mia fumata: un Toscano Garibaldi o extravecchio poteva andare se
avevi iniziato la giornata con focaccia e prosciutto, un Antico era più gradito
dopo un pasto. Avevo aperto una parentesi con i cubani ma i sigari sudamericani
hanno bisogno di lentezza e ozio, come
se tenere in bocca un Macanudo ti facesse uscire da un romanzo di Amado. I
toscani li preferivo, perché potevo lavorare in mezzo alla polvere con il
mozzicone spento tra le labbra, una sorta di antidoto alla sporcizia, al puzzo
delle vernici, agli schizzi di cemento, alla segatura. Guardavo con una sorta
di venerazione, le fotografie contenuti nei libri sul Toscano che avevo
collezionato durante gli anni, mi colpivano i volti ruvidi dei contadini, dei
pescatori salernitani con i loro ammezzati in bocca, mentre tiravano su le
reti, dopo aver fatto colazione con le alici sul pane ed un bicchiere di vino.
Il tutto in un clima maschiale, peloso e volitivo. Con il tempo, feci una
cernita dei tabaccai migliori nei quali acquistare i sigari ( guai a comprarli
nei bar!), rivendite nelle quali avrei potuto trovare il mobiletto
deumidificatore. Riuscivo a capire da subito la qualità del tabacco, premendo
leggermente la pancia del sigaro, se troppo stagionato o troppo fresco.
Abbandonai le scatole di fiammiferi, per questioni di praticità e comodità,
preferendo l’utilizzo del semplice accendino a gas. Adesso, nonostante tanti
anni di fumate e tante storie ad esse legate, la cosa che più mi è rimasta
impressa è il momento dell’acquisto dell’accendino. Può sembrare strano ma,
ogni volta che chiedo un accendino al tabaccaio, egli direttamente evita di
darmi quello colorato di rosa e dirige la sua scelta verso altre tonalità. Perché?
Cosa c’è di strano in un accendino rosa? Vi posso assicurare che questa cosa mi
accade sistematicamente ad ogni acquisto di accendini. All’inizio la cosa non
mi turbava, ora rappresenta un gesto insopportabile tanto è vero che io rifiuto
la scelta arbitraria fatta dal tabaccaio e chiedo espressamente il rosa, sotto
lo sguardo attonito del commerciante, spiazzato da un muratore sporco di
cemento con mezzo toscano in bocca. Ciò accade anche se chi è addetto alla
vendita è una donna. Perché il rosa alle femmine e l’azzurro ai maschi? Nella
vendita di un oggetto si nasconde la forma mentis della persona e non è
necessario indagare oltre per capire che le categorie si precostituiscono già
dalla più tenera età, con la colpevole responsabilità dei genitori e degli
educatori. Il maschio è l’azzurro, come il principe, come il blaue reiter, come
il fiocco sul grembiule delle elementari. Il rosa è femmina, come la carne, come la
rosa rosa, come il Monte Rosa. “ Questa cosa mi sembra un po’ da femmine,
questa invece un po’ da maschi”. Che significa? Nello sguardo stranito del
tabaccaio che rimette a posto l’accendino, scelto al posto mio e prende quello
rosa, noto tutta l’impossibilità di costruire i rapporti umani basati
esclusivamente sul rispetto delle dignità altrui. L’ultima volta, una
ragazzina, forse figlia del titolare della tabaccheria, con la gioia di chi ha
appena iniziato a lavorare, alla mia richiesta di un accendino, ha allungato la
mano sul contenitore nel quale tre accendini rosa erano lì da soli, distanti
dagli altri diversamente colorati, prendendo quello nero che era in ultima
fila. Ho gelato le sue sicurezze dicendole: “ Non fa niente, mi dia quello
rosa, non diventerò frocio solo per questo
Ma sei lo stesso Gianluca Di Renzo che scriveva una fanzine metal a fine '80-inizio '90?
RispondiEliminaOh yes.
EliminaTi feci visita il 2 gennaio '94 a Ortona, per chiederti gli arretrati della fanza. Sei l'unico che mi faceva sorridere a 20 anni e riesce a farlo ancora alle soglie dei 50.
RispondiElimina