Essere dei poveri, di questi
tempi, è un lusso proprio di coloro che vogliono provare il brivido della
caducità. Non si tratta di essere poveri come nei quadri del verismo dove,
madri morenti allattano al seno bimbi smunti, mentre il padre, alla porta della
baracca, si attacca impudicamente ad un fiasco di vino. Oggi la povertà ha un
suo stile, possiede linguaggi, che possono essere utilizzati a proprio favore,
trasformando un povero vero, in un uomo assolutamente anonimo all’interno di un
gruppo, nell’illusione di condividere lo stesso tenore di vita. In questo tempo
sospeso, tra gli altri, un povero come me, si muove, sfruttando al massimo
tutte le risorse che ha perché la sua sciatteria sia considerata un atteggiamento
neodandista, talmente portato all’estremo da risultare invidiato da persone
facoltose ma prive di qualsiasi qualità umana. Ho fatto il classico, questo può
deporre a mio favore quando si tratta di ricordare passaggi di testi classici,
da recitare rigorosamente in greco antico. La cosa non funziona quando vado al
cementificio perché, in genere, il mio interlocutore, un magazziniere con
l’occhio iniettato di sangue per l’abuso di pessimo vino da discount,
preferisce vantarsi del suo novissimo calendario da camionista nel quale, la
pratica della depilazione femminile, è cosa misconosciuta. Per mimetizzare le
povertà, con gli altri, si può ricorrere alla boutique cinese. Basta acquistare
svariati capi, per pochi euro. Si otterrà, dopo qualche tempo, la possibilità
di sfoggiare indumenti sempre diversi ma si riempirà l’armadio di inutile
ciarpame il quale, a causa del pessimo tessuto, anche dopo lavato, continuerà a
puzzare di calzini sudati. Le caratteristiche dei locali, oggi, fanno sì che io
possa rimanere fuori da essi, per ore, senza per questo consumare nulla,
approfittando per chiacchierare con qualche amico. L’importante è che la gente
mi veda. Tuttavia, è in casa, che la povertà non può essere nascosta. Il
frigorifero è la bocca della verità, che si spalanca impietosa, su di me e sui
miei familiari, ogni volta che le finanze languono. Le prime cose che si
notano, nel frigorifero del povero, sono due mele rinsecchite e mezzo limone,
nello scompartimento frutta. Di seguito, sullo sportello, alcuni barattoli
smezzati, dalla maionese ad un recipiente nel quale, l’ultima alice è
pietrificata nell’olio addensato e giallastro. Su tutto, la cosa più
importante: le uova.
Questo alimento può rappresentare la salvezza per una
famiglia di quattro persone, quando viene gestito in larghezza come nel caso di
una frittata. Non importa lo spessore, la cosa essenziale è l’estensione dello
spicchio spettante ad ogni commensale. E’ dimostrato, infatti, che l’occhio
riesce ad inviare la sensazione di sazietà allo stomaco, quando viene
ingannato. Se nel frigo c’è un cespo di lattuga, il piatto è pieno.