Lo sguardo perso tra un Oscar
Giannino al quale abbiano ammazzato il gatto e l’espressione di Austin Powers
mentre guarda Madonna che canta “Beautiful stranger”. La stagione non
decolla.
In attesa che qualcuno venga a
dirmi che il furgone funziona e di non preoccuparmi che tanto “ i soldi per la
bolletta sono nel cassetto della scrivania”. No, non ci sono riuscito, in
cinquant’anni a diventare una persona seria. A patto che ci si metta d’accordo
sull’accezione del termine. Gli amici mi dicono di scrivere: non ci fu persona
più indisciplinata di me nel buttare al vento questa possibilità, visto che riesco
a scrivere un racconto da capo a piedi in solo venti minuti, salvo poi perdere
il resto del tempo libero a disposizione, smanettando sui siti di silver porn.
Altri miei simili, totalmente privi di talento ma disposti a tenere il sedere
attaccato sulla sedia della scrivania per ore, costruiscono fame e fortune per
le quali varrebbe la pena mandare affanculo le fabbrichette nelle quali
lavorano. Io non sono mai riuscito a disintossicarmi dal libro più importante
della mia vita: “Martin Eden” di Jack London. Ho perseguito, con estrema
caparbietà, le strade dei bassifondi e dei lavori umilianti, pensando che
questa sorta di espiazione ascetica, avrebbe contribuito ad intagliare la
grezza scorza del mio io letterario, fino a ricavarne un puro diamante. La
storia finisce male perché Eden e London scompariranno nel grande nulla dei
loro suicidi, una volta presa coscienza che più di così non si possa. Qui siamo
ancora all’anno mille, tra una fogna da sturare e l’attesa di qualcuno che
venga a caricare i tuoi bidoni vuoti. Allora ti adatti, al romanzo per anziani,
mentre moriture lettrici lasciano sale ricche di quadri romantici, perché il
pannolone è ormai pieno e la dentiera si è staccata. Confido ancora che
qualcuno venga a dirmi in faccia che è meglio lasciar perdere, perché i sogni
hanno una loro scadenza come il latte della centrale e bisogna capire il
momento della ritirata prima che tutto diventi stracchino. Praticare l’arte del
coglione consente di passare indenne attraverso le crisi del padre non più
giovane il quale, benevolmente, si bea dei piccoli complimenti paraculi, fatti
dalla prole, il tutto per vedersi estorcere fine settimane a scopacchiare con
fidanzati e affini. Articoli dentro periodici locali tra la ricetta del porco
in umido e le notizie sul calcio a cinque dei finanzieri in pensione. Essendo
tristemente esaurito il filone della politica locale, il
tentativo è stato quello di passare agli
editoriali sui grandi temi della vita o la bellezza delle aiuole. La pletora
dei concorsi letterari diviene l’ultima spiaggia sulla quale approdare per dare
una spennellata all’autostima, contendendo le semifinali al bancario in
pensione che si è fatto raccontare le storie dal vicino bersagliere nella
campagna di Russia. In premio, al vincitore, una targa in silver plated,
raffigurante una veduta di Posillipo vecchia ed uno scatolone di pasta senza
glutine. MI chiedo quale senso abbia scrivere se non ho le pene d’amore o so
non partecipo, con sdegno, alla lotta proletaria, contro un imprecisato pericolo
che mette duramente a rischio i diritti del varano di Comodo. Provo a scrivere
lettere minatorie conto terzi, stando attento a ritagliare dai quotidiani, le
lettere da incollare con la coccoina. Anche lo stile nei preventivi mi sta
abbandonando. Anni fa, nell’innamoramento dell’edilizia, ero all’elenco
dovizioso e particolareggiato di materiali e lavorazione, illudendomi che il
cliente avrebbe apprezzato. Oggi, sono una frase mi rende contento: “non si fa
credito a nessuno”. Non più.